Il mio sguardo ora è pronto per osservare la nonna materna, così
come è stata vista da me sino a questo momento. Quella solitudine che ho
respirato standole accanto durante interminabili pomeriggi invernali; quella
malinconia mista a rabbia che mostravano i suoi grandi occhi verdi, alla quale
non sapevo dare una forma, ora si manifestava chiara. La osservo nelle sue
lunghe sere ad aspettare, il suo chinare il capo per quieto vivere. Il suo
respirare della mia presenza.
Lei che aveva conosciuto
la miseria più nera ora si ritrovava con una vita agiata, ma perennemente
avvolta nella solitudine. In quei lunghi silenzi osservavo il fuoco nel camino,
ed il ticchettio della grossa sveglia sulla credenza. che scandagliava gli
attimi. Improvvisamente ripenso a quel ticchettio, quel rumore tanto fastidioso
da farmi provare ansia, disturbando le riflessioni utili per riempire quei
lunghi silenzi. Ecco: il presente, ogni secondo mi risveglia al presente.
Apprendo il Dono ed
imparo a non buttare via nulla, nemmeno la solitudine. Lei m’insegna ad
aspettare, ad accettare e scoprire il dono nelle piccole cose. Ascolto i miei
momenti bui da questa prospettiva, dalla responsabilità che governa tutti noi e
le scelte che facciamo passo dopo passo, la solitudine non è più vuoto, ma
diviene spazio, si trasforma in mille possibilità di movimento e di creazione.
Io non voglio più aspettare, io desidero vivere. Ora.
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