Ignari del nostro incommensurabile valore, restiamo affezionati
e fedeli ad una misera storia di noi. La speranza di essere viste anche per
poco, se pur da un sistema artificiale, ci rende succubi ed obbedienti. Proiettate
‘nel fare’ per mostrare un valore (anche per povere ricompense materiali), ci
leghiamo ad un filo di speranza nel poter valere qualcosa per non scomparire
del tutto. Ecco smascherata la trappola della ‘paura della perdita’, che genera un’esistenza senza vita.
Per acquisire valore ci ritroviamo ad ambire al fatidico posto di
lavoro sicuro, che di certo ha solamente la sepoltura da vive. Sentirsi bene
sentendosi sottomesse per almeno quarant’ anni. Piegate per una vita sulla
stessa scrivania che odora di rancido. Oppure ingranaggi in una catena di
montaggio. Figlie di una emancipazione che nulla ha di femminile, ma che si è
piegata, adattandosi, alle regole sociali create da un pensiero maschile.
Unica via permessa affinché anche la donna possa ambire ad una
propria autonomia economica senza dipendere dall’uomo... a quale prezzo? Il
mondo del lavoro, così come è strutturato oggi, non pone minimamente in
discussione il totale disinteresse verso i ritmi biologici del corpo femminile,
che custodisce i ritmi biologici essenziali della vita.
Ecco che in un sistema lavorativo pensato per l’uomo si punta il
dito giudicante, non appena la donna mostra delle esigenze date dalla sua
naturale biologia. Sarebbe opportuno intendere l’impostazione e la creazione di
un particolare mondo lavorativo, produttivo e professionale anche a misura
della donna.
Abbiamo creduto alla rivoluzione femminista, ed al traguardo mai
raggiunto perché poggiato su radici instabili. Per non parlare del fatto che ci
rubano la vita in cambio di una misera paga. Ci ricattano perché siamo
ricattabili, perché è l’unico sistema che abbiamo. Un sistema insito nella
nostra cultura che accettiamo in partenza perché è il solo che conosciamo. Un
sistema insegnato dalle nostre stesse famiglie. Se parlassimo di un’opera
d’arte, più o meno potremo essere tutti d’accordo sul suo valore commerciale.
Se, invece, fossimo chiamate a dare valore all’essere umano?
Alla donna, all’uomo?
Al nostro corpo?
Al trascorrere dei nostri giorni, alle nostre attitudini, ai
nostri sogni?
Alla capacità di creare, d’inventare, di realizzare?
Quale potrebbe essere il nostro valore, il valore di ognuna di
noi?
Qual è il tuo valore? Dove hai occultato il tuo Dono di Essere
Donna?
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